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Officelayout 156
gennaio-marzo 2014
Coworking
l’arte del lavorare insieme
Non è un progetto di business ma un progetto di network dove quello che conta sono le persone:
questo il concetto che il coworking incarna ed esplica nei suoi spazi, costruendo trame di correlazioni
nei lavoratori con un continuo accrescimento di ciascuno
di Riccardo Valentino*
(*)
Riccardo Valentino
si è occupato di gestione e sviluppo organizzativo nella Pubblica Amministrazione e di alcune funzioni complementari: informatica,
formazione, internal audit e bilancio sociale. Il background professionale e la caratteristica di essere molto curioso lo hanno portato a scoprire l’affascinante
pluriverso costituito dai mondi creati nel coworking. È autore del libro Coworkingprogress, in collaborazione con gli “Innovatori Visionari” Alberto Mariani,
Dario Brivio, Martina Francesca e Patrizia Varnier
Il termine coworking è ormai espressione di uso comune,
anche se la quasi totalità dei vocabolari e dizionari della lin-
gua italiana omettono di riportarne il significato. Questo no-
nostante il fatto che il termine in questione venga ormai
considerato una parola suono, correlata indissolubilmente a
un concetto, prescindendo dal mero significato letterale.
Il termine coworking è costituito dal prefisso co che deriva
dal latino cum e dalla parola inglese working. Considerando
che la lingua inglese è notoriamente la lingua più fecondata
- nasce come ramo occidentale delle lingue germaniche, su
questo si innesta il sassone e poi il francese e con esso il la-
tino - già dall’etimologia si coglie il valore fondante della
condivisione, vero DNA di questa innovativa modalità nel la-
vorare e che scopre chiunque entra in contatto con questo
pluriverso. È quello che è successo a me.
Il termine coworking, coniato nel 1996 in California, fu usato
per la prima volta nel 2005 da Brad Neuberg che prese un lo-
cale all’801 di Minnesota Street, a San Francisco, lo riempì di
mobili Ikea e disse “ecco le postazioni, qui c’è quello che oc-
corre per un ufficio, chi vuole lo può affittare. Questo posto
si chiama Hat Factory”. Quello che spinse il giovane ameri-
cano a intraprendere questa strada fu la voglia di porre in
vicinanza persone che condividessero la passione per l’atti-
vità che svolgevano, per l’innovazione, per un lavoro che
amavano per il quale volevano trovare uno spazio. Lui non
voleva affittare solo una scrivania.
A giugno 2013 si contavano, nel mondo, oltre 2.300 spazi, nu-
mero sicuramente già superato, seguendo la tendenza a livello
globale che si sta sempre più consolidando. Oltre 900 in Nord
America, 150 in Sud America, più di 90 in Australia, in Africa
siamo a quota 40. L’Europa supera di oltre 100 unità il Nord
America. La capitale europea del coworking è Berlino.
Non esiste una definizione ufficiale di coworking.
Non
solo perché stiamo parlando di un bambino, ma, soprattutto,
perché ogni coworking è differente dall’altro. È un concetto
in continua maturazione e alla ricerca di un proprio orienta-
mento, come le persone che gli danno vita. Tuttavia in gene-
rale, il coworking si può definire un luogo dinamico in cui
gruppi di persone che non necessariamente operano nello
stesso settore o allo stesso progetto, lavorano condividendo
lo spazio e le risorse di un ufficio come la connessione a in-
ternet, le attrezzature e il caffè. Alcuni lavorano da soli altri
in gruppo stabilendo, comunque, rapporti personali molto
stretti che possono generare benefici per tutti dall’incrocio
delle differenti esperienze e specializzazioni.
Coworking è, dunque, un nuovo modo di lavorare.
Alcuni lo definiscono
“l’arte della collaborazione online o me-
glio del lavorare insieme in modo eguale”
. Nessun tipo di ri-
valità, nessuna competizione, nessuno sgambetto tra colleghi
per ricevere le attenzioni del capo, niente raccomandazioni,
niente di tutto questo. I progetti si sviluppano per affinità,
non c’è una decisione dall’alto, anche perché non esiste nessun
capo, e la cooperazione ha come prerogativa la meritocrazia,
concetto spesso sconosciuto nelle realtà lavorative aziendali
classiche, soprattutto italiane.
Il coworking non è un progetto di business, è un progetto
di network.
Quello che conta sono le persone, i risultati eco-
nomici sono dipendenti da questa dimensione e vengono da sé.
Il coworking incarna questo concetto e lo esplica nei suoi
spazi, costruendo trame di correlazioni nei lavoratori che la-
vorano spalla a spalla, il che porta a un continuo accresci-
mento di ciascuno. Nascono nuove collaborazioni per nuovi
business e tutti dispensano micro-consulenze agli altri.