tellurici che negli ultimi 30 anni hanno cambiato la faccia del set-
tore del credito, CreVal è stato capace di reagire al pari o meglio
di tante altre realtà. E penso anche a come è cambiato il mondo
intorno a me. Ho cominciato a lavorare in banca quando c’erano
le prime macchine meccanizzate da cui uscivano strisce di carta
perforate, oggi si lavora con strutture digitali che ci hanno con-
sentito momenti di discontinuità e ulteriori avanzamenti verso il
futuro.
IL GIUSTO MIX DI INNOVAZIONE E TRADIZIONE
chance di successo, dovrà prima mettere un po’ d’ordine in casa.
Costerà qualche sacrificio, ma, creda, ne vale la pena.
Un altro cambiamento epocale, l’ennesimo…
Ci siamo abituati. La storia di CreVal è caratterizzata da un co-
stante far fronte a cambiamenti, criticità, opportunità. Penso al
momento in cui, trenta anni fa, ci siamo posti la domanda se su-
perare o no i confini della provincia di Sondrio: un cambiamento
epocale, una sfida ampiamente vinta. Ai veri e propri movimenti
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luglio-agosto 2011
“Da geppetti che costruiscono pinocchi con un solo pezzo di
tronco, a realtà che il suo pinocchio lo costruisce assem-
blando teste, braccia, gambe fatte da altri”. A Mauro Selvetti
(nella foto), Ad di Bankadati, la società di CreVal che si occupa
di gestione e sviluppo delle attività IT, piace definire così la (ri)fo-
calizzazione su “make or buy” prevista dal piano
per i prossimi 4 anni. 52 anni, maratoneta prati-
cante, appassionato musicofilo (Chopin e Mozart
su tutti), dopo 30 anni passati a “fare banca”, da
tre è al vertice della società che, nata nell’82 dal-
l’idea di separare attività di IT e organizzazione, of-
fre servizi “captive” al gruppo CreVal (il fatturato su-
pera i 60 milioni di euro). Non a caso, un uomo di
business concreto e allergico alle mode. Sentite il
giudizio che dà su quella sorta di moda che è l’in-
novazione a tutti i costi: “Innovare vuol dire introdurre qualcosa
di nuovo in qualcosa che già c’è, non vuol dire stravolgere né
inventare. Ecco perché posso dire che noi ogni giorno inno-
viamo”. E poi:”Per la velocità che caratterizza il mondo, piut-
tosto che anticipare, è già un gran risultato tenere il passo. È
inutile fare i visionari, basta sfruttare al meglio quello che c’è”.
A Selvetti si deve l’idea del passaggio dal make al buy. “Si
passa dal fare tutto in casa a valutare di volta in volta che cosa
fare e cosa integrare. Evidente il guadagno in termini di elasti-
cità e time-to-market”. Altrettanto evidente che, per essere
aperti all’integrazione, occorre dotarsi di struttura e architet-
tura informatica molto flessibili, cosa sulla quale Bankadati sta
lavorando. In direzione della Soa, of-course. Un progetto che
avrà un impatto molto significativo sulle persone, perché, sono
parole di Selvetti, non servono più geppetti, ma ingegneri e capi
progetto. “È uno dei punti focali del piano quadriennale, che
non prevede riduzioni ma aumenti degli investimenti IT. La ra-
gione è semplice: da sempre siamo convinti che l’IT più che un
driver di innovazione sia uno strumento formidabile per asse-
condare il miglioramento dei processi e l’efficienza comples-
siva del processo core”. Da qui, la scelta del buy, rivolgendosi
a nicchie di specializzazione. Già si contano partner di presti-
gio, come Ibm (per il facility management dei mainframe), e Mi-
crosoft, che sta implementando il nuovo sistema operativo di
filiale. Una svolta epocale, il sistema operativo in filiale cambia
dopo 20 anni. “Parte dallo sportello, ma evolverà verso una
piattaforma commerciale che consentirà alle filiali, at-
traverso revisione dei processi, dematerializzazione,
esternalizzazione dove possibile, di liberarsi delle at-
tività a basso valore per privilegiare quelle di consu-
lenza e di vendita. Già, perché uno degli obiettivi del
piano è l’aumento del cross-selling”. Sotteso al cam-
biamento la convinzione di Selvetti secondo cui la tec-
nologia non è fine a se stessa, ma ha un senso se av-
vicina il cliente. “Il problema è che gli uomini IT e quelli
di business non parlano la stessa lingua. Dobbiamo
fare in modo che la tecnologia, in tutte le sue forme ed evolu-
zioni, renda più facile la vita degli uomini di business”. Di con-
seguenza, una grande attenzione, “quasi un’ossessione”, per
la qualità del servizio erogato. A questo serve l’implementa-
zione di strumenti di monitoraggio dei livelli di servizio e di alert
delle cadute. Obiettivo dichiarato: non deve più accadere che
l’IT si accorga che qualcosa non funziona solo a seguito di una
telefonata dell’utente. Selvetti pone l’accento su un’altra sfida
difficile: far capire al business quanto sia complesso far fun-
zionare un sistema informativo, visto che il manager dell’area
business percepisce l’evoluzione dei sistemi, per usare un pa-
radosso, dal cambiamento dello schermo: prima era piccolo
e in bianco e nero, adesso è grande e a colori. “Questo crea
consenso, ma soprattutto indica una certa capacità di dare va-
lore alle cose che si fanno”. C’è anche un terzo tema che
preme, e riguarda il potenziamento dell’offerta sui canali. Se-
condo una modalità che Selvetti chiama “intercanalità”, canali
che si intrecciano in modo sinergico, dando la possibilità di con-
cludere un’operazione indipendentemente dal canale da cui
viene avviata. Esempio? L’utente comincia l’operazione a casa
e la completa poi in banca o tramite call center.
Dal Make al Buy, dall’IT al Business