57
marzo 2014
Gianni Anguilletti, country
manager di Red Hat Italia
significa quindi che oggi una qualsiasi
applicazione nata in un qualsiasi am-
biente possa essere messa in eserci-
zio in un qualsiasi altro ambiente. Le
aziende vogliono avere la possibilità di
muovere i loro software, magari nati in
un’architettura bare-metal, in tutti gli
altri ambienti, compresi ovviamente
quelli cloud.
La terza esigenza, quella dell’apertu-
ra, significa non legarsi mani e piedi a
una determinata tecnologia, cosa oggi
a rischio quando si sposano le logiche
del cloud con un’adesione totale al mo-
dello tecnologico di un vendor. A mio
avviso questa è una contraddizione
che preclude molte delle potenzialità
che invece può esprimere un cloud veramente li-
bero di scegliere risorse e servizi secondo le con-
venienze aziendali contingenti. Tornando anche al
concetto di completezza, lo sforzo da mettere in
campo semmai è quello di fare in modo, proprio
grazie all’apertura, di migliorare, integrare e fare leva
sugli investimenti pre-esistenti o futuri. Su ognuno
dei tre fronti citati, Red Hat è in gioco da tempo.
Come i due nuovi annunci di Red Hat vanno incon-
tro a queste esigenze?
Partendo dall’annuncio di Red Hat Cloud Infrastruc-
ture, ritengo che questa soluzione abbia tutti i pre-
supposti per cambiare le regole del gioco proprio
rispetto alle tre esigenze descritte.
Prima di tutto, con le sue componenti è in grado di
o rire al cliente la necessaria completezza funzio-
nale per farlo evolvere verso un’architettura cloud
pienamente operativa. Mi riferisco per esempio alla
funzione di chargeback, per capire chi sta utilizzan-
do una determinata risorsa presente nel cloud, e
quindi attribuire i costi sulla base del reale utilizzo
della stessa. Oppure implementare il capacity plan-
ning, per capire se l’ambiente cloud sta resistendo
bene a determinati picchi di carico oppure se ci
sono sovradimensionamenti che è meglio ridurre,
o se in futuro si rischia di andare incontro a delle
‘crisi di ossigeno’.
In secondo luogo, la nostra piattaforma dimostra
una piena flessibilità poiché consente di governare
le applicazioni messe in esercizio in maniera traspa-
rente in ogni altro tipo di ambiente diverso da quello
nativo. Un altro aspetto che ra orza il concetto di
flessibilità è l’integrazione nella nostra soluzione di
molte tecnologie oggi potenzialmente interessanti
per il passaggio al cloud, prima tra tutte il sistema
di virtualizzazione OpenStack.
Per quanto riguarda invece la virtua-
lizzazione?
La 3.3 di Red Hat Enterprise Virtualiza-
tion, che è il mattone fondamentale di
Red Hat Cloud Infrastructure, conferma
una strategia che permette ai clienti
di disporre di un’alternativa a tecno-
logie consolidate, con una copertura
funzionale sicuramente interessante e
rispondente alle esigenze della mag-
gior parte delle esigenze attuali, ma
con una sostenibilità economica più
ecace rispetto alle stesse tecnologie
consolidate. Tutte le novità vanno nella
direzione di potenziare la portabilità
delle applicazioni in ambienti cloud
eterogenei.
Nell’ottica del cloud ibrido, come pensate di dif-
fondere il progetto OpenStack presso i fornitori di
servizi cloud pubblici dotati di data center propri?
Avete già dei clienti tra questi operatori?
Il cloud provider è un tassello fondamentale per at-
tenuare quel rischio a cui accennavo prima al quale
vanno incontro le aziende che si avvicinano al cloud
ibrido e pubblico. A nostro avviso è quindi impor-
tante che dalla competizione tra questi operatori
emerga il valore di un’o erta di servizi allineata con
i requisiti che garantiscono un utilizzo delle sue ri-
sorse da parte dei clienti anche in ambiti mission
e business critical. Per quanto riguarda OpenStack
da una parte ci stiamo muovendo pesantemente sul
fronte dello sviluppo, e vorrei sottolineare anche il
fatto che Red Hat è diventata in poco tempo il pri-
mo contributore in termini di software sviluppato
su questo progetto nella release Havana. Dall’altra
rendiamo queste tecnologie adabili e ottimizza-
bili in sicurezza negli ambiti più sofisticati. Questo
implica attività di ingegnerizzazione, di certifica-
zione hardware piuttosto che software e rilascio
di tutta una serie di servizi al contorno in termini
di manutenzione, di bug fixing, senza dimenticare
l’impegno a mantenere viva sul mercato una certa
versione per un certo periodo. È questo, secon-
do noi, l’approccio vincente anche nei confronti
dei cloud provider. Tra questi, gli operatori italiani
con cui abbiamo trattative aperte sono diversi, ma
possiamo sicuramente citare Cedacri come uno dei
clienti che ha trovato nel nostro approccio tutte le
risposte alle sue esigenze.