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ottobre 2013
è lo strumento preferito tra i 40 e i 60 anni rispet-
to alla fascia più bassa dove Twitter e Facebook
dominano. L’altro aspetto è che, ovviamente, non
tutte le aziende sono uguali ed è il target di mer-
cato che determina le strategie di investimento.
In tutto questo bisogna distinguere tra il doverci
essere e basta e, invece, utilizzare la parte digital
per rendere profittevole l’impresa. L’unica leva da
applicare in tal senso è quella di avere nuovi clienti
e gestire al meglio quelli che si hanno già, tenendo
conto che dopo i primi entusiasmi emerge il fatto
che gestire la comunicazione social ha un costo e
bisogna avere nel contempo le risposte da forni-
re ai clienti. Le grandi imprese in tal senso stanno
facendo importanti investimenti, e alcune socie-
tà ormai sollecitano tramite campagne ad hoc gli
utenti a raccontare un’esperienza tramite Twitter,
qualcosa di impensabile fino a qualche tempo fa. Tra
le PMI quelle più attente hanno invece un target e
un mercato di sviluppo tipicamente internazionale.
Marco Curti
, SAP - Eettivamente su questo tema
esiste un interesse da parte delle aziende medio-
grandi, dove è presente un chief marketing ocer,
o un ruolo analogo, o comunque sono organizzate
con qualcuno che ricopre questa responsabilità.
Tuttavia può trattarsi di una funzione non collega-
ta al resto dei processi dell’impresa, una funzione
sostanzialmente di nicchia che non ha una visio-
ne univoca. Prendiamo in considerazione i diversi
punti di contatto del cliente: magari questi avvia la
sua relazione con un’azienda partendo dal mobile
e la chiude in negozio, in modo slegato per l’azien-
da quando bisognerebbe avere invece una visione
unica. Esistono realtà italiane che hanno deciso di
dotarsi di strumenti per intervenire sui propri cana-
li, ma spesso lo stimolo arriva dall’estero, dove tali
fenomeni sono più presenti e consolidati. Il settore
retail è senz’altro quello più attivo, ma ci sono anche
casi in cui gli stessi produttori vogliono innescare
una relazione diretta con gli utenti delle proprie
soluzioni. Un esempio si può fare anche per realtà
come quelle farmaceutiche, che cominciano a es-
sere presenti nella GDO e decidono di aprire nuovi
punti di contatto, e per organizzazioni medio-grandi
dove si comincia ad avere un approccio più strut-
turato al fenomeno.
Marco Vicamini
, Sysman - Fondamentalmente noi
stessi siamo i primi a doverci orientare visto che
ogni tre mesi cambiano gli scenari e le prospettive.
Qualche anno fa i clienti chiedevano l’integrazione
con Skype, oggi chiedono quella con Whatsapp.
Se si ha un cliente di quarant’anni questi preferisce
l’email, se ne ha venti usa Whatsapp o Facebook,
mentre uno di trenta preferisce Twitter. Noi stes-
si ci siamo impegnati più nel cercare di presidiare
tutto piuttosto che sintetizzare gli strumenti dispo-
nibili e proporre al mercato dei modelli di business
adeguati e sperimentati. E soprattutto questo vale
per l’Italia, che è composta da tante piccole e me-
die aziende. Il digital marketing da questo punto
di vista è però molto più democratico di tanti altri
strumenti di comunicazione, anche in termini di in-
vestimenti. Negli ultimi mesi siamo riusciti a portare,
con fatica, dei modelli di business sostenibili anche
sulle PMI, mentre le multinazionali ci hanno spinto
a sviluppare funzionalità, integrando i processi. Si
tratta di realtà che hanno avuto la forza di ribaltare
la propria organizzazione, perché lavorare a com-
partimenti stagni in ogni caso non funziona. La crisi
sta spingendo molte organizzazioni a interrogarsi
su come cambiare le regole del gioco: mappando
i social network, sviluppando app dedicate, cer-
cando di imbrigliare qualsiasi tipo di informazione
pertinente il business. Ed esse hanno visto i fattu-
rati aumentare grazie a tali attività, con le piatta-
forme che devono poter seguire i cambiamenti e
con costi compatibili con le capacità di spesa delle
aziende italiane.
Armando Janigro
, Oracle – Parto da un paragone
tra quanto accade in Italia e nel resto d’Europa (dati
Eurostat). I valori medi sull’uso delle tecnologie in-
ternet sono i più bassi d’Europa; ciò emerge analiz-
zando una serie di parametri, come per esempio la
penetrazione della banda larga (55% popolazione
servita) e la scolarizzazione della popolazione con
competenze informatiche medie (12%). Dati positivi
vengono invece dall’e-commerce dove, pur avendo
valori inferiori alla media in termini assoluti, con-
tinuiamo ad avere incrementi di vendita superiori
alla media europea (+17% da qui all’anno prossimo).
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