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IT di Eni antecedenti il consolidamento. Stabilito che la scelta mi-
gliore era quella di costruire un nuovo data center da zero dove
centralizzare tutto, subito dopo ci siamo chiesti: facciamo un tra-
sloco dell’esistente o cogliamo l’occasione per fare innovazione
anche infrastrutturale? Abbiamo scelto la seconda strada sem-
plicemente perché era la più logica sotto il profilo dei numeri.
Ci racconti allora questi numeri...
Il rinnovamento infrastrutturale si basa su server industry stan-
dard. I prezzi correnti, relativi ai nostri volumi, si aggira intorno ai
2.000 euro per blade; considerato un fabbisogno di circa 4.000
blade, il costo del rinnovamento ammonta a circa 8 milioni di
euro... Il trasloco di tutto l’esistente non ci sarebbe costato molto
di meno. Spostare delle vecchie macchine dal punto A al punto
B, inoltre, non è un’attività che avrebbe portato nuovo valore.
Qual è dunque il valore che porta il nuovo data center?
Il valore del data center in quanto tale è centrato sul risparmio
energetico, che riduce a circa un terzo il fabbisogno di energia ri-
spetto alla situazione in essere. È stato pensato per garantire il
massimo livello di continuità operativa essendo un Tier IV, che
significa resistente al primo guasto e che consente interventi a
Il nuovo data center del Gruppo Eni è stato realizzato dal ‘pra-
to verde’ su un’area di circa 45.000 metri quadrati, presso
Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia.
“È stato tutto realizzato per la massima efficienza energetica
e la massima continuità di servizio – racconta Gianluigi Castelli.
È un Tier 4, che significa: resistente al primo guasto e manu-
tenibile in tutte le sue componenti ‘a caldo’, ovvero senza mai
ricorrere al suo spegnimento, anche parziale. È pensato per
poter gestire un’altissima densità energetica: 10 KW per me-
tro quadro. Oggi appare perfino eccessivo, ma non sappiamo
le prossime generazioni di macchine quanto dense saranno”.
10 Kw per metro quadro significa una dissipazione termica che
non può essere ottenuta in maniera efficiente con tecniche
e metodi convenzionali: “Se bisogna utilizzare i condiziona-
tori e la ventilazione forzata per dissipare quella quantità di
calore avrò un consumo energetico molto elevato. Il data cen-
ter è stato quindi progettato tutto perché il raffreddamento
sia realizzato all’80%, ma anche di più, per free cooling, ov-
vero a ventilazione naturale di aria. Per asportare quella quan-
tità di calore significa far circolare nelle sei sale calcolo, to-
talmente separate e indipendenti tra loro, 8 milioni di metri cubi
di aria all’ora. Il che ha comportato la costruzione di sei ca-
mini di aspirazione dell’altezza di 40 metri”.
Un impianto di questa portata è una sfida tecnologica in di-
versi ambiti: “Otto milioni di metri cubi d’aria all’ora, vuole dire
che l’impianto di smoke detection deve affrontare la proble-
matica dovuta al fatto che le particelle di fumo vengono di mol-
to diluite rispetto a un ambiente normale, e quindi tutti gli im-
pianti antincedio automatici rischiano di non funzionare o di
entrare in funzione quando ormai l’incendio è troppo grande.
Abbiamo quindi dovuto applicare metodi di rilevamento più so-
fisticati rispetto ai tradizionali”.
Inoltre: “Abbiamo fatto una riflessione un po’ coraggiosa: in-
vece degli UPS da tenere sempre accesi, che a loro volta dis-
sipano energia, perché non tenerli spenti e attivarli quando
viene rilevato il salto di tensione? Poiché gli alimentatori dei
blade moderni garantiscono l’alimentazione elettrica anche
in presenza di discontinuità dell’ordine dei 120 millisecondi ba-
sterebbe che l’attivazione degli UPS avvenisse in un tempo
inferiore, diciamo 60 ms per avere un margine di sicurezza”.
Anche in questo caso non sono mancati i problemi: “Abbia-
mo chiesto a dei costruttori di Ups di fornirci dei sistemi in gra-
do di risvegliarsi e ristabilizzare la tensione in 60 ms, ma Ups
di questo tipo non esistevano sul mercato. Allora abbiamo chie-
sto a tre fornitori di realizzare dei prototipi”.
Dei tre costruttori interpellati da Eni (uno austriaco e due ita-
liani) i due italiani sono risultati migliori. Il tutto è stato certi-
ficato dal TÜV insieme all’Università di Bologna: “Le specifi-
che di target sono state migliorate: la commutazione avvie-
ne in meno di 60 ms”.
Complessivamente queste soluzioni, e molte altre ancora, han-
no portato a un risultato importante: “Ci aspettiamo che il no-
stro indice Pue (Power Usage Effectiveness) medio annuo sia
meglio di 1,2. Ovvero a piena potenza del data center, 30 MW
di assorbimento, significa 350.000 tonnellate di CO
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in meno
immesse nell’atmosfera in un anno rispetto alla media dei data
center oggi alimentati dalla rete elettrica nazionale”.
Il risparmio stimato di 2,5 milioni di euro per MW è calcolato
sulla tariffa dell’acquirente unico di mercato per l’energia pre-
levata sia da Terna che dalla centrale di cogenerazione Eni
situata vicino al nuovo data center.
Le caratteristiche del nuovo data center
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