La nostra infrastruttura spingerà al massimo la virtualizzazione,
abilitando gli strati di Infrastructure as a Service e di Platform as
a Service. Ma il nostro modello, in cui le risorse di calcolo sono
attribuite dinamicamente alle applicazioni, l’abbiamo chiamato
Eni Dynamic Infrastructure − Edi − e non Eni Cloud o qualcosa
di simile, proprio per sottolineare che si tratta di uno schema ri-
tagliato accuratamente sulle nostre esigenze specifiche e non di
un’adozione acritica di un modello in voga. Così facendo ab-
biamo migliorato il carico medio, garantendo una migliore conti-
nuità operativa; smorziamo i picchi di richieste; abbassiamo i
tempi di provisioning quando sono necessarie delle risorse di cal-
colo aggiuntive non pianificate per tempo... e così via.
Pensiamo di non spingerci verso il self provisioning nelle mani
dell’utente interno, uno dei concetti che caratterizzano il cloud,
anche perché i colleghi che usano le applicazioni rappresentano
comunità chiuse che usano cluster chiusi di applicazioni.
Cosa cambia nelle politiche di sourcing?
A un certo punto ci siamo posti un’altra domanda fondamentale:
andiamo avanti con l’outsourcer che abbiamo da 14 anni o è il
momento di ripensare le responsabilità attribuite nell’ambito del
nuovo modello operativo? In considerazione dell’ampiezza e
della profondità del cambio del modello operativo, abbiamo
scelto la seconda opzione.
Poiché, come ho detto, siamo in outsourcing da molti anni, la
nostra capacità interna di riappropriarci della gestione operativa
è relativamente modesta, sia in termini di competenze, sia in ter-
mini di numero di risorse necessarie. Abbiamo quindi avviato un
programma di Selective Insourcing, teso a ricostituire le compe-
tenze e la massa critica di risorse interne per consentirci la piena
attuazione del nuovo modello operativo.
Ce lo spiega?
Continueremo a lavorare con fornitori esterni, ma in una logica di-
versa da quella sin qui adottata. L’impiego di risorse esterne av-
verrà secondo una modalità di out-tasking: un modello per cui le
persone esterne opereranno con noi a strettissimo contatto sotto
una nostra guida precisa di pianificazione quasi quotidiana. Que-
sto varrà per una parte delle attività, mentre invece ce ne sa-
ranno altre che potranno essere tranquillamente gestite
attraverso Sla, in un modello di outsourcing più convenzionale.
Detto questo, ci sono delle attività che vogliamo tornare a se-
guire direttamente e a questo proposito abbiamo definito anche
un piano di assunzioni, per coprire i ruoli che riteniamo siano es-
senziali. Siamo andati a mirare con grande precisione le aree in
cui eravamo scoperti dal punto di vista sia quantitativo, sia di
competenze. In parallelo, c’è anche la riconversione di un nutrito
gruppo di persone interne che si troverà a fare un mestiere di-
verso, o magari anche lo stesso mestiere, ma con modalità com-
pletamente nuove. Il sourcing cambierà di conseguenza e av-
vieremo nuovi contratti per complementare le nostre competenze
con quelle necessarie che cercheremo fuori.
Può fare un esempio di figure di cui siete carenti e che vo-
lete riportare in casa?
Sul fronte della gestione operativa siamo carenti di competenze
di monitoraggio, di system administrator e di database admini-
strator.
Ma anche sul fronte applicativo, in alcune aree, abbiamo deciso
di potenziare le competenze interne. Un esempio è rappresen-
tato dai business analyst SAP. Eni è molto SAP based. Nono-
stante una dozzina di anni fa quello di Eni sia stato uno dei più
importanti progetti SAP, con il passare del tempo le nostre com-
petenze si sono diluite e ci siamo affidati molto ai fornitori di ap-
plication management. La carenza di competenze in questo
ambito è emerso quando abbiamo dovuto affrontare importanti
programmi di rinnovamento della piattaforma SAP.
Credo che sia interessante, oltre al ricorso ad assunzioni dal-
l’esterno, l’altra modalità che abbiamo introdotto, ovvero il com-
petence posting.
Di cosa si tratta?
È un’iniziativa nata da uno dei nostri cantieri di innovazione,
quello che abbiamo chiamato Motivence, ovvero la fusione delle
parole motivation e competence. Il competence posting si diffe-
renzia dal job posting tradizionale poiché pubblichiamo non i ruoli
o i job che intendiamo ricoprire, ma le competenze di cui siamo
carenti. Le persone della nostra struttura possono dire: sono di-
sposto a mettermi in gioco per andare a coprire quella compe-
tenza che oggi non ho e sono disposto a lavorare per costruirla.
Ricevuta questa disponibilità, valutiamo la distanza dal punto di
partenza e se non è esageratamente lontana, inseriamo il candi-
dato in un percorso di formazione specifico e dedicato, ritagliato
persona per persona.
Tornando al sourcing. Cosa pensa di portare in casa e cosa
invece di continuare a esternalizzare?
C’è un luogo comune che si sente ripetere frequentemente con
il quale sono in totale disaccordo: le attività core si tengono in
casa e le commodity si danno fuori. Non deve essere per forza
così.
Se per assurdo un’organizzazione non ha buone prestazioni ge-
nerali nelle attività core e invece è molto efficace in quelle com-
modity, che cosa fa, l’inviluppo dei minimi?
Come in tutti i mestieri, anche nel nostro non c’è una parte no-
bile e una meno nobile; semmai la logica deve essere: tengo in
casa quello che so fare meglio e che mi dà il maggiore beneficio
economico ed esternalizzo tutto ciò che gli outsourcer sanno
luglio-agosto 2012
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