

33
Officelayout 169
aprile-giugno 2017
sesto al nono, ad aree con sale riunioni riconfigurabili con
pareti impacchettabili, lounge più informali e cucine per
il catering con accesso diretto. Alcune dedicate ad un
uso con clienti ed altre anche ad uso interno. Qui si ri-
flette la ricerca di innovazione di EY attraverso il continuo
confronto con l’esterno, logica richiesta dai clienti stessi
e sostenuta progettualmente anche dal recupero del de-
cimo piano come terrazza fruibile.
L’
interior design
ha definito spazi nitidi e trasparenti, suf-
ficientemente “neutri” da costituire uno sfondo ideale per
puntuali emergenze percettive: tra cui le bande gialle a
pavimento che definiscono tutti i perimetri interni, le pel-
licole che regolano i livelli di privacy sulle vetrate, i pan-
nelli fonoassorbenti che schermano le postazioni come
pixel accesi, gli elementi d’arredo speciale, i campi di co-
lore e le immagini grafiche e verbali disseminate strate-
gicamente nello spazio. Particolarmente accurate sono
le soluzioni delle aree speciali: dalla superficie di lamelle
di legno che avvolge la reception e ne esalta i volumi in
vetro bianco retroverniciato e resina chiara; alle soluzioni
acustiche dell’auditorium e della training area caratteriz-
zati da una grande flessibilità funzionale grazie all’uso di
pareti impacchettabili; sino agli hub con gazebo su dise-
gno, come spazi nello spazio che restituiscono atmosfere
domestiche immerse nella tecnologia.
La
brandizzazione degli spazi
si articola in un doppio
percorso, esterno e interno, che attraversa tutto l’edificio
come un unico fil rouge. All’esterno, nel cortile, la prota-
gonista è la cultura milanese. Lo scopo progettuale è
quello di contestualizzare il building nel tessuto urbano e
invitare le persone a scoprire i luoghi d’arte cittadini.
All’interno, oltre all’esplicitazione dei valori attraverso
frasi mirate e “better questions” rappresentate nei punti
strategici di sosta e passaggio, il tema della cultura inter-
nazionale è presente negli hub, dove dettagli di opere
d’arte iconiche e non figurative di artisti protagonisti del
Novecento valorizzano lo spazio.
“A distanza di un anno dal trasferimento nei nuovi uffici i
riscontri ricevuti sono estremamente positivi – racconta
Stefano Riva –. Le persone si sono rapidamente adattate
ai nuovi spazi, segno che le azioni svolte costantemente
per informare di quanto stavamo realizzando e l’attua-
zione di policy di change management hanno dato buoni
frutti. Ciò che ci ha trovato più impreparati è stata la ge-
stione di una macchina tecnologicamente avanzata che
ha richiesto nuove competenze che abbiamo dovuto ac-
quisire strada facendo. I processi di facility management
hanno infatti richiesto di essere tarati sulle politiche di
fruizione degli spazi. Ad esempio sono stati introdotti dei
floor coordinator come riferimento per l’orientamento al-
l’interno degli spazi e come punti di contatto per problemi
tecnici relativamente tecnologie IT e impianti. Tali figure
verificano inoltre che gli ambienti prenotati siano effetti-
vamente occupati, eliminando così possibili inefficienze”.