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luglio-agosto 2013
e la portata dei cambiamenti in cor-
so. In un mondo dove l’informazione
diviene più trasparente e sempre più
disponibile a tutti può anche diventare
dicile il mantenere rendite di posi-
zione basate sulla proprietà dei dati.
Semmai il problema è proprio quello
opposto, farli circolare non solo all’in-
terno dell’organizzazione ma all’inter-
no dell’industry e trarre vantaggio dal
saperli usare per primi. Trovo quindi
un po’ inappropriato che la questione
dei big data venga posta da operatori
dell’IT solo ad altri uomini dell’IT delle
aziende utenti …. “.
Marco Pancotti
, presidente di Mate,
esordisce puntualizzando che “la di-
zione ‘qualsiasi sia il business’ è pe-
rentoria, ma la risposta, nella maggior parte dei
casi, è aermativa. Se i mercati si globalizzano e la
competizione commerciale si fa sempre più dura, di
certo non si può evitare di comprendere la nuova
realtà in tutti i modi possibili. Il problema è capi-
re a quali nuove fonti rivolgersi. La vecchia analisi
delle vendite per categorie e aree geografiche non
funziona più. E’ necessario entrare nel dettaglio di
ogni singolo comportamento di ogni singolo cliente,
analizzare il web nel suo insieme per cogliere spunti
e trend, guardare ai vari log generati dalle proprie
applicazioni o dai propri prodotti come una fonte di
suggerimenti. Non è un problema solo tecnologico,
è anche culturale. Occorre pensare in modo creati-
vo al rapporto tra prodotti, clienti ed informazioni
estendendo i confini del possibile. Oggi è possibi-
le analizzare i singoli scontrini di vendita riga per
riga, studiare i log delle proprie apparecchiature
installate presso i clienti per capirne
i comportamenti, regalare un’app su
smartphone per poi analizzarne i log
e cogliere dei pattern. Le informazio-
ni ci sono o si possono creare. Basta
cominciare a pensarci”.
Un mercato ancora in fase
di definizione
Nonostante una forte spinta da parte
dei suoi promotori, in Italia, ma sem-
brerebbe anche nel resto del mondo,
non si è ancora aermato un fiorente
mercato di soluzioni per la gestione
dei big data. Come mai?
“L’eccesso di aspettative iniziali è un
fenomeno tipico di ogni nuova tecno-
logia - commenta Marco Pancotti. E’
successo per gli open system, per in-
ternet, per le applicazioni mobile, per
la business intelligence. E’ un percorso
molto noto tra chi si occupa di marke-
ting nell’ambito delle tecnologie, che
ha avuto una manifestazione di dimen-
sioni gigantesche alla fine degli Anni
‘90 con la new economy. I big data, in
realtà, sono già applicazioni concrete
per le grandi corporation che hanno
il web al cuore del proprio business,
come Facebook, eBay, Amazon, ecc.
Il problema sta nel fatto che la nor-
male azienda, che fa un business più
tradizionale, non si riconosce in quel
modello e non vede come traslare l’e-
sperienza di questi giganti del tratta-
mento dell’informazione all’interno del-
la propria azienda. L’oerta, dal canto suo, sembra
in preda alla sindrome della ‘soluzione in cerca del
problema’. Il fatto è che il cliente può dare stimoli
e suggerimenti, ma le proposte applicative devono
venire dall’oerta. Che, in questo momento, è an-
cora troppo tecnologica e troppo indierenziata.
I clienti veri, quelli che hanno i budget, comprano
prodotti o qualcosa di simile a prodotti. Le tecno-
logie abilitanti, come ad esempio Hadoop, pos-
sono rassicurare sulla scalabilità e sul futuro delle
applicazioni, ma non si ‘comprano’, al massimo si
sperimentano”.
“Fortunatamente per noi consumatori - dice a sua
volta Alfredo Gatti - e sfortunatamente per i pro-
vider di IT non tutte le imprese sono state create
uguali… Per esempio un piccolo retailer, grazie al
fatto che ha investito molto in queste tecnologie,
potrebbe riuscire ad analizzare i dati di ogni sin-
golo negozio in tempo reale e a spe-
rimentare oerte personalizzate sui
gusti, i comportamenti e le capacità di
influenzare gli altri di singoli clienti e,
magari, essere in grado di agganciare
la catena dei fornitori per farli produrre
ciò che serve. E’ chiaro che questa è
una scelta rischiosa, che implica una
costante sperimentazione e messa a
punto dei modelli. I suoi competitor
potrebbero fare scelte più tradizionali
e meno veloci, forse neanche accorger-
si del nuovo entrante. Se la domanda
è: siamo tutti pronti per l’era dei big
data? La risposta è: no, non tutti e,
forse, siamo in pochi”.
Anche per Annamaria Di Ruscio “in-
nanzitutto, la gestione dei big data
Alfredo Gatti, managing partner
di Nextvalue
Marco Pancotti, presidente di Mate