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succederebbe se Internet implodesse?

Le persone si ricorderebbero come

vivevano prima del suo avvento o la

civiltà collasserebbe?

Quest’ultimo interrogativo viene af-

frontato sia dal punto di vista generale

della società sia da quello personale.

Se la dipendenza del singolo da ap-

parecchi tecnologici varia da un indi-

viduo all’altro, sebbene i trend siano

in crescita, è innegabile l’importanza

che le nuove tecnologie svolgono nella

sussistenza del nostro sistema econo-

mico e le ripercussioni di queste sulle

trasformazioni culturali e sociali che

stanno cambiando il nostro approc-

cio alla vita. A seguito dell’evoluzione

della Rete e dell’apparato tecnologico

non solo abbiamo collegato a Inter-

net oggetti della nostra quotidianità

per arricchirli ma, affinché funzionino

bene, li stiamo pian piano rendendo

imprescindibili da questa connessione.

Internet nello specifico, ma l’apparato

tecnologico in generale, è diventato

qualcosa di più di una mezzo per co-

municare e un modo per ricercare

informazioni. Si è trasformato in uno

strumento che coordina le strutture

della vita sociale, lavorativa e cultu-

rale, non solo facilitandole, ma per-

mettendole.

Il labile confine tra fruitori intelligenti

e schiavi

Nel documentario le riprese del black

out di grandi dimensioni avvenuto a

NewYork a seguito dell’uragano Sandy

dimostrano quanto, per funzionare, la

nostra società sia dipendente da que-

sto apparato. Spesso, ad immobilizzare

un costruttivo dibattito pubblico sul

nostro rapporto con la tecnologia, e

a prevedere un eventuale piano di

gestione in caso di prolungati black

out e di tempeste solari, sono le due

posizioni che polarizzano la questione.

Queste vedono contrapporsi un’inces-

sante demonizzazione della tecnologia

a una sua cieca esaltazione; chi rivol-

ge il suo sguardo a un idilliaco passa-

to pre-tecnologico e invoca ‘Internet

detox’ e chi guarda con ammirazione

ogni sviluppo senza interrogarsi sulle

sue conseguenze e sui suoi usi.

La ruota, la lavorazione dei metalli, la

stampa, e molte altre invezioni... Sin

dai suoi albori, l’umanità è progredi-

ta attraverso lo sviluppo tecnologico,

sebbene in un’accezione e con tempi

diversi da quelli odierni. La nostra so-

pravvivenza è dipesa dal nostro adat-

tamento all’ambiente, reso progressi-

vamente più confortevole grazie alla

costruzione di strumenti. Demonizzare

di per sé lo sviluppo tecnologico, che

è emanazione stessa della creatività

e dell’intelligenza umana, del nostro

essere problem solver e pensatori, sa-

rebbe insensato. Ma qual è la linea di

demarcazione tra lo sfruttare la tec-

nologica a nostro vantaggio e il diven-

tarne schiavi?

Controllo e autocontrollo

Uno dei numerosi possibili scenari di

come questo confine venga superato,

viene rappresentato in Wall-E, il film

Pixar del 2008. Nella pellicola, gli esse-

ri umani hanno abbandonato la terra

poiché invasa dai rifiuti a seguito di un

rapido consumo di massa voluto dalla

corporazione Buy’N’Large, che aveva

assunto il controllo dell’economia e

della politica del pianeta. Le persone

vivono in un’immensa astronave chia-

mata Axiom in cui ogni aspetto della

loro vita è permesso dalla tecnologia.

Si muovono su poltrone volanti (una

versione evoluta dellaToyota i-REAL?),

comunicano tra di loro attraverso degli

schermi che gli impediscono di guar-

dare ciò che li circonda e hanno de-

legato qualunque attività ai robot, al

comando della navicella. Il futuro disto-

pico presentato nel film d’animazione,

più che condannare la tecnologia in

quanto tale, funge da ammonimento

verso le conseguenze di un suo uso

eccessivo, motivato solo dalla pigrizia.

È un avvertimento diretto a un de-

legare continuo che, oltre ai compiti

manuali, si spinge fino allo scaricare le

proprie responsabilità, sospendendo

analisi e giudizio critico. La questione

che ci si pone di fronte è la più vec-

chia del mondo: il problema non è la

tecnologia in se stessa, ma è il modo

in cui decidiamo di impiegarla. E qui

torniamo ad un’altra delle posizioni

presentate nel documentario di Her-

zog: il tema dell’autocontrollo. In Lo &

Behold la questione è collegata all’i-

nesistenza di regolamentazione nella

Rete, alla necessità di essere il filtro

di se stessi in un mondo virtuale in

cui non esistono filtri. Allora, ciò a cui

bisogna puntare è un uso consapevole

e ragionato della tecnologia affinché

sia un mezzo in grado di migliorare

la nostra vita e la nostra umanità, ma

non a scapito di essa. Infatti, se è vero

che la tecnologia può condurre ad una

deumanizzazione, questo non può av-

venire senza il nostro permesso.

CINEMA E TECNOLOGIA

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gennaio-febbraio 2018

Un’immagina tratta da wall-e