
Con quale atto formale deve essere designato il RPD?
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innovazione.PA
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01-02/2018
| ANNO XV GENNAIO - FEBBRAIO
Il RGPD
prevede all’art. 37, par. 1, che il titolare e il responsabile
del trattamento designino il RPD; da ciò deriva, quindi, che l’atto di
designazione è parte costitutiva dell’adempimento.
Nel caso in cui
la scelta del RPD ricada su una professionalità interna
all’ente, occorre formalizzare un apposito atto di designazione a
“Responsabile per la protezione dei dati”. In caso, invece, di ricorso a soggetti
esterni all’ente, la designazione costituirà parte integrante dell’apposito
contratto di servizi redatto in base a quanto previsto dall’art. 37 del RGPD.
Indipendentemente
dalla natura e dalla forma dell’atto utilizzato, è
necessario che nello stesso sia individuato in maniera inequivocabile
il soggetto che opererà come RPD, riportandone espressamente le
generalità, i compiti (eventualmente anche ulteriori a quelli previsti dall’art.
39 del RGPD) e le funzioni che questi sarà chiamato a svolgere in ausilio al
titolare/responsabile del trattamento, in conformità a quanto previsto dal
quadro normativo di riferimento.
L’eventuale assegnazione di compiti aggiuntivi
, rispetto a quelli
originariamente previsti nell’atto di designazione, dovrà comportare la
modifica e/o l’integrazione dello stesso o delle clausole contrattuali.
Nell’atto di designazione o nel contratto di servizi devono risultare
succintamente indicate anche le motivazioni che hanno indotto l’ente a
L’individuazione del Responsabile della Protezione dei dati è un tema che sta richiedendo grande impegno al Garante e alla PA. In aggiunta a quanto
previsto dal Regolamento e alle Linee Guida adottate dal Gruppo Art. 29 (WP 243) del 13 dicembre 2016 emendate nella versione del 5 aprile 2017,
il Garante ha prodotto una serie di Faq a beneficio delle Amministrazioni pubbliche come quella che segue e chiarisce le modalità di incarico del RPD
individuare, nella persona fisica selezionata, il proprio RPD, al fine di
consentire la verifica del rispetto dei requisiti previsti dall’art. 37, par. 5 del
RGPD, anche mediante rinvio agli esiti delle procedure di selezione interna
o esterna effettuata. La specificazione dei criteri utilizzati nella valutazione
compiuta dall’ente nella scelta di tale figura, oltre a essere indice di
trasparenza e di buona amministrazione, costituisce anche elemento di
valutazione del rispetto del principio di «responsabilizzazione».
Una volta individuato
, il titolare o il responsabile del trattamento è tenuto a
indicare, nell’informativa fornita agli interessati, i dati di contatto del RPD
pubblicando gli stessi anche sui siti web e a comunicarli al Garante (art.
37, par. 7). Per quanto attiene al sito web, può risultare opportuno inserire i
riferimenti del RPD nella sezione “amministrazione trasparente”, oltre che
nella sezione “privacy” eventualmente già presente.
Come chiarito nelle Linee guida
, in base all’art. 37, par. 7, non è necessario
- anche se potrebbe costituire una buona prassi, in ambito pubblico -
pubblicare anche il nominativo del RPD, mentre occorre che sia comunicato
al Garante per agevolare i contatti con l’Autorità (anche in questo caso,
in allegato alle Faq, è riportato un modello di comunicazione al Garante).
Resta invece fermo l’obbligo di comunicare il nominativo agli interessati in
caso di violazione dei dati personali (art. 33, par. 3, lett. B).
che a un soggetto interno alla struttura del titolare. Tuttavia,
in caso di nomina di soggetto interno, è richiesto che abbia
una posizione dirigenziale.
In ogni caso, deve essere chiaro che si tratta di una figura
autonoma e indipendente che risponde direttamente al vertice
dell’organizzazione. Inoltre non deve cadere in condizioni
di conf litto di interessi come, ad esempio, nel caso in
cui l’incarico venisse affidato al Responsabile dei sistemi
informativi. Una volta incaricato, i suoi dati devono essere
comunicati al Garante.
A ribadirne l’autonomia e la capacità di manovra, il GDPR
specifica che il RPD deve disporre delle risorse necessarie allo
svolgimento dei compiti a esso demandati.
Ma in cosa consiste l’attività di questo controllore?
I suoi compiti sono descritti nell’articolo 39 del GPDR:
informare e fornire consulenza al titolare del trattamento
o al responsabile del trattamento nonché ai dipendenti che
eseguono il trattamento in merito agli obblighi derivanti dal
regolamento; deve sorvegliare l’osservanza del regolamento,
nonché delle politiche del titolare del trattamento o del
responsabile del trattamento in materia di protezione dei
dati personali, comprese l’attribuzione delle responsabilità, la
sensibilizzazione e la formazione del personale che partecipa
ai trattamenti e alle connesse attività di controllo.
Se richiesto, dovrà fornire pareri in merito alla valutazione di
impatto sulla protezione dei dati.
Inoltre, dovrà fungere da punto di contatto per l’autorità di
controllo per questioni connesse al trattamento dei dati.
La stessa norma prevede infine che, nell’esecuzione dei
propri compiti, il RPD consideri debitamente i rischi inerenti
al trattamento, tenuto conto della natura, dell’ambito di
applicazione, del contesto e delle finalità del medesimo.
Pertanto, questa figura, deve essere coinvolta sin dall’inizio in
ogni questione attinente la valutazione dei dati personali.
Occorre però avere ben presente, che secondo il principio
di responsabilità del titolare, il RPD non risponde
personalmente in caso di inosservanza del GDPR. Spetta al
titolare o al responsabile del trattamento garantire ed essere
in grado di dimostrare che le operazioni di trattamento sono
conformi alle disposizioni previste dal regolamento.