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Il colloquio è terminato. Tutti i requisiti professio-
nali, il tipo di esperienza, i contesti in cui è matu-
rata, le competenze tecniche e funzionali, sono in
linea con la ricerca.
Rimane la valutazione di tipo personale.
Non è emerso nulla di eclatante in senso negativo, i
classici parametri: capacità relazionali, dinamismo,
motivazione e via di seguito, rientrano nella media
di un buon candidato. Qualcosa però non mi ha con-
vinto, qualcosa di piccolo, come una macchiolina
scura su una grande tovaglia bianca. Potrei igno-
rarla, ritenerla insignificante nel contesto generale,
ma una voce interna mi dice di stare all’erta e quella
voce ho imparato che va ascoltata.
Di cosa si trattava?
Un piccolo tic, una risata un po’ più lunga del nor-
male, un accenno di prolissità, un vago atteggia-
mento di ‘captatio benevolentiae’?
L’ascolto è la dote principale di un buon seleziona-
tore, un ascolto che va al di là della mera compren-
sione delle parole, un ascolto più ampio e più fine,
una specie di radar che coglie anche le onde che
sfuggono all’udito e segnala ogni piccola distorsio-
ne nella frequenza. Una volta rilevata la distorsione
occorre quindi fermarsi un momento a riflettere e
cercare di capire se si tratta di un aspetto marginale
e contenuto o se, al contrario, ho intravisto solo la
punta di un iceberg, di uno scoglio aorante che
appena la marea si abbassa emergerà in tutta la
sua reale dimensione.
La pressione aumenta progressivamente
Il primo colloquio con la società di selezione di norma
non mette una forte pressione a un candidato che ha
già esperienza e che infatti riesce tendenzialmente
a gestirlo bene e a rendersi conto di come sta inte-
ragendo. Un altro discorso è il colloquio successivo,
quello con l’azienda che lo potrebbe assumere. Qui
la pressione è decisamente più alta, soprattutto per
chi è molto interessato alla posizione, e la capacità
di controllo diminuisce in proporzione.
Uno stato di tensione particolare non solo rende
dicile il controllo dei propri tratti critici ma può
arrivare a enfatizzarli: ed ecco che il tic nervoso
diventerà più frequente, la tendenza a dilungarsi
diventerà un’insopportabile prolissità, la risata un
po’ eccessiva si trasformerà in un penoso tentativo
di risultare simpatico a tutti i costi mentre la ten-
denza alla sintesi sfiorerà il mutismo. La macchio-
lina è diventata un disastro.
Capita raramente ma può succedere, sta al sele-
zionatore capire in anticipo. Un cambio repentino
dello stato d’animo con le relative conseguenze
comportamentali, dovuto a uno stato di alta tensio-
ne emotiva, si può verificare anche nell’arco dello
stesso colloquio. Se all’improvviso chiedo al can-
didato che ho davanti di arontare seduta stante
un problema di tipo numerico che per la sua solu-
zione presuppone la corretta valutazione di alcuni
dati reali, come il perimetro della stanza in cui ci
troviamo o il peso di un oggetto sulla scrivania,
INDIZI
RIVELATORI
LA VALUTAZIONE DELLE CARATTERISTICHE
PERSONALI DA PARTE DELL’HEAD HUNTER
NEL PRIMO INCONTRO CON IL CANDIDATO.
Sergio Cantinazzi, managing partner Inlay
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marzo 2013