
l’obbligo di trattare i nostri dati, di farsi carico della nostra
persona non soltanto in modo tradizionale amministrando
i nostri interessi, ma anche trattando quella parte di noi che
viene proiettata nella dimensione digitale.
Lei in una recente intervista ha parlato di “schiavitù
volontaria”, quando mettiamo a disposizione, per servizi
vari o acquisti in rete i nostri dati.
Lo schema in cui è cresciuta l’economia digitale, oggi la più
importante dimensione dell’economia contemporanea, si
gioca sull’interesse, sull’attività di raccolta dei dati da parte
delle grandi imprese dell’economia digitale. Raccolgono,
analizzano, processano e trasformano le nostre informazioni
in profili. Attraverso questi possono come prima attività
di business offrire messaggi pubblicitari ritagliati sulle
caratteristiche e preferenze dei singoli individui. Ma poi si
passa alla fase successiva e cioè all’orientamento dei consumi,
orientare le scelte dei cittadini, e trasformare quei dati in
moderna ricchezza. Non è un caso che le persone più ricche
al mondo siano proprio i grandi gestori di questa nuova
economia. Questo sistema si regge sulla errata presunzione
che la gratuità dei servizi offerti dalle imprese digitali,
sia per noi un enorme vantaggio sull’altare del quale
sacrifichiamo, anche inconsapevolmente, una parte della
nostra identità digitale.
Questa considerazione non contraddice la maggior
consapevolezza dei cittadini a cui lei ha fatto riferimento?
Deve tenere presente che la velocità con la quale si è
affermata questa dimensione nella nostra vita, ci ha reso
poco attenti nella gestione e protezione delle informazioni
che ci riguardano. Ora è vero che l’attenzione è cresciuta,
ma ancora molto, molto dobbiamo fare. La volontà di fruire
di servizi sempre più gratificanti, di una quantità enorme
di agevolazioni nei rapporti con gli altri, l’accesso alla
conoscenza, la partecipazione a nuove forme di socialità,
Intervista a
Antonello Soro
tecnologica, è stata così veloce che i livelli di consapevolezza
in questo campo devono crescere ancora molto. Direi che
questa è la prima frontiera sulla quale è impegnato il Garante
e le Autorità di protezione dei dati in Europa, perché in questi
anni si è definito meglio il profilo del diritto alla protezione
dei dati, autonomo rispetto al diritto alla riservatezza.
Possiamo quindi affermare che la cultura si è abbastanza
sviluppata. Ma il diritto alla privacy oggi sconta una minore
consapevolezza, ancorché crescente, del diritto alla protezione
dati personali. Oggi la sfida per rendere consapevoli i
cittadini di quanto sia fondamentale proteggere i propri dati,
è certamente più impegnativa rispetto a quella della tutela
del diritto alla privacy nell’accezione originaria. Direi che
i cittadini hanno maggiore attenzione verso la difesa della
propria riservatezza un po’ meno della riservatezza degli altri.
Nelle contraddizioni del nostro tempo fa capolino la sindrome
Nimby, la privacy la si vuole tutelata quando ci riguarda
personalmente. Quando riguarda gli altri c’è maggiore
attenzione alla curiosità che riguarda la vita del prossimo. La
protezione dei dati è un poco oltre queste dinamiche, perché
nella società digitale che è poi il contesto in cui viviamo, il
dato viene ancora percepito come un’astrazione, come una
cifra, come una sequenza di bit. Invece il dato è la proiezione
della nostra persona nella nuova dimensione della vita, i dati
siamo noi. E quindi quando sulla base di esperienze puntuali
si avverte che la mancata protezione di un dato coincide con
la vulnerabilità della nostra persona e quindi con il rischio
di mettere a repentaglio la nostra integrità digitale ma anche
fisica, questa consapevolezza porta necessariamente a livelli
di protezione dei propri dati sempre più alti. Occorre fare
un grande sforzo perché nella consapevolezza della pubblica
opinione e nei soggetti che hanno responsabilità nella
protezione dei dati, maturi l’idea che i dati sono la nostra
proiezione nella dimensione dove trascorriamo più tempo
della nostra vita. La coscienza di ciò deve essere forte nella
Pubblica Amministrazione, in coloro che hanno l’onere e
La protezione dei dati
è condizione necessaria
per la libertà e la democrazia
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01-02/2018
| ANNO XV GENNAIO - FEBBRAIO