16
Officelayout 169
aprile-giugno 2017
Le nuove sedute da lavoro
Active sitting
L’intervista a Peter Opsvik, designer norvegese specializzato in ergonomia, inventore dell’active sitting e firma di numerosi
archetipi del design, dalla sedia Tripp Trapp di Stokke alla Capisco di Håg, approfondisce come cambia l’approccio
all’ergonomia e i principi inderogabili per fare in modo che la seduta non si trasformi in una ‘gabbia’
Quali sono le priorità negli studi ergonomici
della seduta da lavoro, a partire da quella
operativa alle sedute per aree meeting
utilizzate per un numero inferiore di ore?
L’osservazione della discrepanza fra il modo
in cui vengono prodotte le sedute e quello in
cui vengono usate è spesso l’inizio del
processo creativo. Osservando il modo in cui
siamo seduti, sono arrivato alla conclusione
che la migliore posizione e sempre “la
successiva”. Tanto è vero che quando le
diverse correnti della scienza dedicata
all’ergonomia hanno promosso, ciascuna,
una diversa postura, ho sempre risposto che
non c’è una unica postura corretta, perché
la sfida è progettare sedute che permettono
il maggior numero possibile di posizioni,
rendendo facile il movimento e il
cambiamento. La seduta deve sempre
agevolare il movimento, sia che venga usata
per una riunione di due ore, sia che la si
utilizzi per l’intera giornata lavorativa.
Secondo la sua esperienza, nella
progettazione delle sedute c'è sensibilità
sui temi dell'ergonomia?
Ritengo che il malinteso più comune sia
affermare che alcune posture del corpo sono
corrette e altre non lo sono, perché credo il
compito di una buona seduta sia quello
agevolare il cambiamento di posizione. Un
altro malinteso è l’importanza data al
sostegno del corpo. Faccio un esempio: se
immaginassimo di essere sommersi da una
valanga, potenzialmente la posizione
dovrebbe essere confortevole, perché tutto il
corpo è sostenuto, ma per quanto tempo si
può rimanere comodi? La sola idea di avere
braccia e gambe bloccate è insopportabile e,
allo stesso modo, essere costretti a
mantenere la stessa postura è una potenziale
tortura. Anche la posizione più comoda, dopo
un po’ di tempo diventa scomoda. Il supporto
perfetto per il corpo non è dunque la
soluzione, lo è la possibilità di passare da una
posizione all’altra, quindi avere come
traguardo sempre la “posizione successiva”.
Perché la varietà fisica e mentale, letterale e
figurativa è positiva, mentre la monotonia è, in
valore assoluto, negativa.
Un’altra questione riguarda l’eccessiva
preoccupazione degli ergonomi riguardo alle
parti superiori del corpo; la schiena, il collo,
le spalle e le braccia. Perché le gambe e i
piedi hanno lo stesso rilievo per raggiungere
un senso di benessere, tanto che la maggior
parte dei movimenti del corpo è governata
dalle estremità pedestri. Dopo un volo di
lungo raggio, in cui i piedi non hanno avuto
opportunità di muoversi, si comincia a
sentirsi stretti e si iniziano a muovere le
gambe. E non si tratta solo di una risposta
cinetica ma di un movimento attivo
favorevole alla migliore circolazione del
sangue. Il movimento e l’uso dei muscoli,
soprattutto di gambe e piedi, aiutano a
riportare sangue al cuore e le caviglie stesse
agiscono quasi come un secondo cuore.
Nelle sedie dinamiche che progetto i piedi
controllano l’angolo di inclinazione,
obbligando le gambe a un continuo
movimento, facilitando il flusso sanguigno al
cervello e la produzione di liquido sinoviale.
Esattamente l’opposto di quanto spesso
succede nelle sedute di lavoro, in cui i piedi
sono totalmente passivi.
In che modo l'innovazione tecnologica
contribuisce al raggiungimento degli
obiettivi legati all'ergonomia?
Quando mi esercito con il sassofono, di
solito non sto seduto ma cammino attorno
alla stanza, così posso suonare per ore
senza provare la minima stanchezza. Se
trasportassimo questo metodo negli
ambienti dedicati al lavoro, si potrebbe
immaginare uno spazio con un numero
ridotto di sedute e la possibilità di lavorare
camminando, grazie a un portatile, degli
auricolari e un microfono. Così, la riunione
fra due professionisti può svolgersi durante
una passeggiata. Se dunque gli strumenti
tecnici sono in grado di stimolare il
movimento del lavoratore, l’intero sistema
ne trae vantaggio.
Peter Opsvik