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Risorse Umane

Molto rumore per nulla

Una domanda in crescita sostenuta dal segmento ufficio e da nuovi ambiti di applicazione

di

Luca Brusamolino

e

Marco Favilla

La possibilità di muoversi all’interno dell’u cio,

concessa dalle innovazioni tecnologiche, permette

alle persone di avere un controllo sul rumore sem-

plicemente spostandosi in un’area più silenziosa.

Ciò nonostante recenti studi dimostrano che il

90% di chi lavora in un u cio indica il rumore

come elemento che genera un impatto negativo

sulle proprie attività, creando stress e disturbi -

sici che riducono produttività e performance no

al 40%

(Benway 2012).

Le ricerche scienti che relative al rumore e ai

suoi e etti sulla performance risalgono alla metà

del novecento, ma è solo dagli anni 90 che è stata

posta particolare attenzione agli e etti negativi su

processi cognitivi come attenzione e memoria e sui

comportamenti che mette in atto il lavoratore per

compensare questi e etti, sacri cando ad esempio

la precisione per la velocità

(Hockey 1997).

Come il rumore in uisce

sulle performance

In generale, il rumore sottrae ‘risorse’ alle capacità

cognitive della persona, specialmente se intermit-

tente e non prolungato

(Casali & Robinson 1999).

Infatti, contrariamente a ciò che si potrebbe pen-

sare, al rumore breve non ci si adatta, mentre nel

caso di rumore prolungato i nostri percettori si

abituano più facilmente, limitando l’e etto ne-

gativo delle interferenze acustiche. Nel caso di un

rumore prolungato, le capacità di adattamento

del lavoratore possono aiutarlo a spendere sempre

meno ‘risorse’ per mantenere la concentrazione.

In particolare, la voce umana ha un e etto nega-

tivo maggiore in uendo, non tanto sulla velocità

dei compiti, quanto sulla precisione, soprattutto se

l’uditore riesce a decifrare l’argomento di conversa-

zione e se il tema non riguarda strettamente il lavo-

ro. In questo caso le risorse cognitive usate per il

compito sono ‘contese’ per analizzare il rumore di

sottofondo

(Macken, Phelps, e Jones 2009).

La performance diminuisce a causa dell’aumen-

tare di situazioni in cui il lavoratore non ricorda

dove aveva interrotto il lavoro, non tiene a men-

te i progressi fatti o semplicemente non ricorda

di dover riprendere il compito. Esiste inoltre il

rischio che possa compensare la distrazione lavo-

rando più in fretta, ma con meno precisione.

Si può quindi a ermare che la distrazione causata

dal rumore impatti sulla capacità del lavoratore

di rimanere focalizzato sul compito, perché ob-

bligato a ltrare discussioni non inerenti al suo

lavoro. È di cile stimare in modo quantitativo

l’impatto di questi e etti: alcune indagini psico-

logiche hanno però dimostrato che di norma, a

seguito di un’interruzione, occorrono 15 minuti

per riottenere un livello ottimale di concentrazio-

ne

(Mawson 2002).

Le professioni maggiormente

in uenzati dal rumore

Sono più a rischio le professioni che richiedono

concentrazione prolungata e una gestione com-

plessa delle informazioni, come ad esempio la

contabilità, la progettazione tecnica e la stesura

di testi, ma anche quelle che devono ‘rimbalzare’

tra attività molto diverse tra di loro: pensiamo

alla segretaria che per organizzare un appunta-

mento deve scrivere una mail mentre è al telefo-

no e controllare allo stesso tempo il calendario;

oppure ai lavori creativi che comportano sia mo-

menti di concentrazione sia momenti durante i

quali pensare e agire in libertà, senza costrizioni

cognitive, spaziali o emotive.

Che dire, invece, di professioni le cui attività non

risultano complesse, ma semplici e monotone (ad

esempio data entry o archiviazione)? In questo caso

il rumore può addirittura aiutare, in quando stimo-

lo a migliorare la produttività (Zijlstra, Roe 1999).

Gli e etti negativi del rumore si possono manife-

stare di erentemente in lavoratori con di erenze

demogra che e siche quali età, background, cul-

tura, salute. Ad esempio, un giovane percepisce

meno il rumore come fastidio e distrazione rispet-

to a una persona di età più avanzata

(Becker 2001).

La perfomance

nell’economia della conoscenza

Un aiuto per meglio comprendere che cosa si

intende per performance ci è dato dalla de-

nizione più utilizzata nella letteratura della

psicologia organizzativa che la sintetizza come

un mix tra abilità, motivazione e opportunità

(Boxall and Purcell 2003).

La performance è quindi una funzione di tre

fattori che interagiscono, dove l’abilità è data

dalla capacità di una persona di eseguire un

compito, la motivazione misura la volontà per

quella persona di svolgere quel compito e l’op-

portunità riguarda la possibilità e le risorse ne-

cessarie date a quella persona per svolgere quel

determinato compito.

Delineato il signi cato e le tre dimensioni che

concorrono a comporla è importante ora cercare

di capire come l’ambiente sico di lavoro possa

in uire, in maniera positiva o negativa, sulla per-

formance e di conseguenza quali siano le condi-

zioni che permettano di ottenere elevati livelli di

prestazione lavorativa in modo da fornire spunti

interessanti ai manager e ai progettisti.

Da uno studio di Judith Heerwagen si evince che

un ambiente di lavoro in uisce positivamente:

1

sull’abilità

fornendo ai lavoratori condi-

zioni ambientali confortevoli, consentendo

il controllo individuale di luce, temperatura,

rumore e riducendo i rischi legati a salute e si-

curezza. Un impatto negativo sulla capacità di

compiere un lavoro è associato a condizioni

ambientali non confortevoli.

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Officelayout 170

luglio-settembre 2017