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ti comportamentali quali: guidare un

gruppo, ispirare le persone verso un

obiettivo, avere e trasmettere una vi-

sione, delegare.

Sembra al contrario che sfugga quasi

sempre che il primo passo della lea-

dership è verso se stessi. Come sotto-

linea

Dee Hock

- fondatore diVisa (la

società di gestione di carte di credito,

considerata una delle più importanti e

note multinazionali al mondo) quando

pensiamo alle responsabilità del lea-

der abbiamo subito la propensione a

indicare le responsabilità che esso ha

‘verso il basso’, ovvero verso i propri

collaboratori.

Per Dee Hock, ispiratore del modello

‘chaordico’ (un modello organizzati-

vo innovativo basato sull’armoniosa

esistenza di caos e ordine che sfrutta

i principi di auto-organizzazione del

sistema e la spinta dal basso), quel ge-

nere di responsabilità viene all’ultimo

posto. La prima responsabilità di un

leader è verso se stesso. La propria

self-leadership è elemento fondamen-

tale senza il quale mancherebbero le

fondamenta stesse di una buona lea-

dership. Occorre porre al centro del

processo di leadership non gli altri, ma

se stessi: la propria consapevolezza,

presenza, integrità, empatia, spiritualità.

Il nuovo leader, infatti, è innanzitutto

un esperto di se stesso, qualcuno che

nell’antico monito del tempio di Delfi

“Conosci te stesso” trova un orien-

tamento pratico e concreto alla vita

e al lavoro.

Il nuovo leader emergente si carat-

terizza per la visione sistemica e in-

terconnessa della realtà.Vede nell’or-

ganizzazione non una macchina o un

insieme di ingranaggi ma un sistema in

cui ciascun elemento è interconnes-

so a ogni altro. L’Evoleader - il leader

evolutivo - guida quindi le organiz-

zazione verso una nuova specie: una

speciazione organizzativa.

La speciazione organizzativa

Il concetto di speciazione è stato co-

niato dal biologo

Ernst Mayr

ed è

quel processo evolutivo grazie al quale

si generano nuove specie più adat-

te ad affrontare il contesto e i suoi

cambiamenti. In altre parole significa

evoluzione, mentre il suo opposto è

‘estinzione’. Non è oggi inusuale tra-

slare concetti mutuati dalla biologia

alla realtà organizzativa. È un ottimo

segnale, in verità. La metafora mecca-

nicistica con cui per decenni abbiamo

descritto l’organizzazione finalmente

vacilla, lasciando spazio a una nuova

metafora, quella che vede nell’orga-

nizzazione un sistema vivente. Per lun-

ghi anni, dai primi del novecento fino

quasi ai giorni nostri, l’ambito orga-

nizzativo si è ispirato a una metafora

meccanicistica. Se ci riferiamo alle or-

ganizzazioni come a macchine conce-

pite per raggiungere scopi e obiettivi

precisi, saremo portati a pensare che

esse debbano essere composte da

ingranaggi che assolvono a compiti

rigidamente definiti, che svolgono ef-

ficientemente e senza problemi. A un

‘uomo-ingranaggio’ si può solo chiede-

re asservimento a procedure e norme

precise; ma non intelligenza superiore,

intuizione, creatività, talento.Tanto più

l’ingranaggio è limitato e si auto-limita

rispetto al proprio repertorio di com-

portamenti e risposte, come avviene

nelle organizzazioni burocratiche, tanto

più sarà funzionale al mantenimento

dello status quo.

Al contrario, la metafora organicistica

che vede nell’organizzazione un ‘siste-

ma vivente’ e un insieme di relazioni e

interdipendenze, propone un modello

in cui l’apprendimento e la relazione

sono i fattori chiave dell’evoluzione

del sistema e di un successo duraturo

e sostenibile.

Come qualsiasi sistema vivente, ogni

organizzazione si muove costantemen-

te nello spazio tra evoluzione ed estin-

zione, in una relazione dialogica con

due forze opposte: quelle dinamiche

che spingono verso il cambiamento

del sistema al fine di adattarsi più flui-

damente possibile alle varianze acce-

lerate che caratterizzano il contesto

in cui siamo immersi; e quelle di con-

servazione, che tendono al manteni-

mento di ciò che è e che vorrebbero

preservare lo status quo.

Organizzazioni fluide e dinamiche

Oggi più che mai, l’organizzazione deve

essere fluida e dinamica per convivere

con uno stato di cambiamento conti-

nuo e accelerato. Deve imparare l’ar-

te del surfing, per usare una metafora

cara a

Harrison Owen

e imparare non

a controllare o contrastare i flussi di

cambiamento, ma bensì a ‘surfarli’ (Har-

rison Owen è l’autore del libro ‘Wave

Rider: Leadership for High Performan-

ce in a Self-OrganizingWorld’, 2008).

Come ci ricorda

Zygmunt Bauman

:

la realtà è liquida. Oggi lo è più che

mai. Lo è sempre stata, in realtà, ma

a ritmi rallentati con cui i mutamenti

accadevano la facevano apparire ai più

relativamente stabile se non statica.

Ecco perché, oggi più che mai, la figura

e l’identità stessa della leadership è in

discussione e richiede un salto evolu-

tivo più che mai urgente. Oggi, l’unico

leader possibile è colui che sa genera-

re futuro all’organizzazione, promuo-

vendone l’evoluzione, conoscendo e

attuando quelle pratiche che rendono

un’organizzazione capace di cogliere il

futuro nel suo momento emergente

e di danzare con esso, con la realtà

mentre cambia.

Quindi la domanda è: di quali qualità

e competenze si deve dotare una lea-

dership che voglia portare le organiz-

zazioni a essere evolutive e mantenere

il passo rispetto a un contesto che

cambia a ritmi accelerati? Quale tipo

di leadership favorisce l’emergere di

queste qualità evolutive?

Ma di questo argomento parleremo

nella prossima puntata di questa ru-

brica che verrà pubblicata sul numero

di giugno di Office Automation.

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maggio 2017

METODI E PERCORSI DI CAMBIAMENTO

Il tema della ‘EvoLeadership’, ov-

vero la leadership evolutiva, sarà

oggetto di un corso organizzato

da Soiel International a Milano

per il prossimo 14 giugno. Per

maggiori informazioni:

www.soiel.it/corsi