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Officelayout 169
aprile-giugno 2017
Preziosi litri di acqua potabile
Sunwater Agriculture System
è un progetto di social design innovation
realizzato da Ginevra Franchi e Davide Piersanti per la tesi del Master in
Design, Innovation, Strategy and Product all’Istituto Europeo di Design di
Milano. Un esempio virtuoso dove la parola "design" non è intesa solo come
progettazione di "oggetti" ma include un concetto più ampio di sistema e di
impatto sociale-ambientale-economico.
Nasce da una lunga ricerca sul tema della scarsa produzione agricola nei
paesi in via di sviluppo, che spesso conduce molte popolazioni
all’emigrazione dal proprio paese. Il progetto è stato realizzato in Senegal
dove, nonostante il 77% della popolazione sia impiegata nel settore primario,
non si raggiunge l’autosufficienza alimentare. Uno dei principali problemi è
dovuto al fatto che molti pozzi d’acqua stanno diventando salati a causa del
sovra sfruttamento delle risorse idriche e dell’innalzamento del mare.
Obiettivo del progetto la creazione di uno strumento a basso costo,
facilmente riproducibile attraverso materiali reperibili in loco senza l’utilizzo
di corrente elettrica, che vada a desalinizzare l’acqua dei pozzi utilizzandola
per la coltivazione. Il progetto è pensato per essere attuato in piccole
comunità, iniziando così un processo di autosufficienza alimentare.
Sunwater Agriculture System, il sistema progettato Ginevra e Davide,
funziona con il calore del sole e può essere realizzato dagli artigiani del
luogo a basso costo. È un contenitore realizzato con mattoni, pietre e, a
chiusura, una lastra di vetro inclinata. L’acqua salata viene versata su una
teglia, questa scaldandosi fa evaporare l’acqua che si separa dal sale. Il
vapore a contatto col vetro si raffredda e ritorna liquido scorrendo, grazie
all’inclinazione, verso una canaletta di raccolta. Così si ottengono preziosi
litri di acqua potabile.
Per rendere il progetto replicabile e comprensibile dalla cultura locale è
stato creato un manuale che attraverso illustrazioni, spiega la metodologia e
la tecnica costruttiva.
Infine è stata messa a punto una strategia per rendere il progetto
economicamente autosufficiente, mettendo a sistema l’università, i
produttori incontrati sul territorio Senegalese e le associazioni sul territorio
italiano e senegalese (Deafal, Sunegal e LVIA), per informarli del prodotto e
collaborare con le realtà imprenditoriali agricole.
Se, per dirla son Steven Johnson,
‘le grandi idee sono create da collisioni di
piccole intuizioni e da scambi tra persone diverse’
, questi ragazzi hanno
creato un ingorgo straordinario, risolvendo con il design un problema e
rendendolo con la comunicazione sostenibile e replicabile da chiunque.
Dal punto di vista educativo – conclude Chiarato – occorre
insegnare ai ragazzi che il design è un approccio scientifico
alla progettazione e va affrontato sulla base di analisi di
scenario, approfondendo le esigenze delle persone. Oggi
si parla infatti di design con le persone o co-design”.
Un esempio dell’approccio promosso dallo Ied è l’iniziativa
ADI “Il design che non c’è”, un concorso promosso dal Co-
mune di Milano e volto a risolvere una porzione di città alla
piccola scala: un dissuasore di traffico, una scala inacces-
sibile, un attraversamento pedonale buio. Ne è derivato un
dialogo virtuoso tra funzionari comunali e giovani, che
hanno portato idee progettuali fresche e aumentato la loro
conoscenza sulla cultura della diversità.
Il ruolo delle istituzioni
Nata dal tavolo di confronto promosso dall’architetto
Stefano Boeri
e da
Lisa Noja
nel corso della campagna
elettorale, la delega alle politiche per l’accessibilità è
volta a favorire le migliori condizioni per far vivere la città
a tutti, anche a chi ha solo difficoltà temporanee.
“Ho vissuto in California, dove la diversità è prevista e
accettata come un fatto consueto – spiega Lisa Noja a
cui da settembre del 2016 è stata assegnata la delega
sull’accessibilità. – Le persone con diverse abilità negli
Stati Uniti partecipano senza difficoltà alla vita della città.
Da questa esperienza internazionale nasce la mia delega in
Comune, che ricopre una funzione trasversale a tutti gli as-
sessorati, perché tutti – turismo, commercio urbanistica,
istruzione – hanno bisogno di confrontarsi con la diversità.
Il lavoro che stiamo facendo prevede una compartecipa-
zione di pubblico e privato, con il coinvolgimento di tanti at-
tori della città, dal mondo delle associazioni alla Camera
di Commercio, e un attento ascolto delle esigenze delle
persone nelle varie fasi della vita. Un primo step sta affron-
tando la diffusione di una conoscenza delle diverse esi-
genze di accessibilità, a partire dai tecnici del Comune,
perché far crescere la città non significa solo progettare nel
rispetto delle normative, ma piuttosto mettere a disposi-
zione di tutti il know-how necessario per guidare la proget-
tazione verso una maggiore vivibilità per gli utenti.
Il lavoro che stiamo svolgendo è volto anche a far com-
prende la grande opportunità per la città rappresentata
dall’accessibilità, anche a livello economico, ma emerge
la necessità di una maggiore conoscenza delle diversità,
per imparare a costruire sulla base di esigenze reali.
La creatività non si sviluppa nella totale libertà, ma nel su-
peramento dei vincoli. Penso che per un designer proget-
tare per persone con disabilità – che di vincoli ne hanno
parecchi – sia una sfida ai massimi livelli. Se poi l’oggetto
funzionale è anche bello, la missione è compiuta”.
Le disabilità legate alla parola
Non poter comunicare è una condizione che rende la vita
difficile alla persona con disabilità e a chi le sta vicino, che