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aprile-giugno 2017

Preziosi litri di acqua potabile

Sunwater Agriculture System

è un progetto di social design innovation

realizzato da Ginevra Franchi e Davide Piersanti per la tesi del Master in

Design, Innovation, Strategy and Product all’Istituto Europeo di Design di

Milano. Un esempio virtuoso dove la parola "design" non è intesa solo come

progettazione di "oggetti" ma include un concetto più ampio di sistema e di

impatto sociale-ambientale-economico.

Nasce da una lunga ricerca sul tema della scarsa produzione agricola nei

paesi in via di sviluppo, che spesso conduce molte popolazioni

all’emigrazione dal proprio paese. Il progetto è stato realizzato in Senegal

dove, nonostante il 77% della popolazione sia impiegata nel settore primario,

non si raggiunge l’autosufficienza alimentare. Uno dei principali problemi è

dovuto al fatto che molti pozzi d’acqua stanno diventando salati a causa del

sovra sfruttamento delle risorse idriche e dell’innalzamento del mare.

Obiettivo del progetto la creazione di uno strumento a basso costo,

facilmente riproducibile attraverso materiali reperibili in loco senza l’utilizzo

di corrente elettrica, che vada a desalinizzare l’acqua dei pozzi utilizzandola

per la coltivazione. Il progetto è pensato per essere attuato in piccole

comunità, iniziando così un processo di autosufficienza alimentare.

Sunwater Agriculture System, il sistema progettato Ginevra e Davide,

funziona con il calore del sole e può essere realizzato dagli artigiani del

luogo a basso costo. È un contenitore realizzato con mattoni, pietre e, a

chiusura, una lastra di vetro inclinata. L’acqua salata viene versata su una

teglia, questa scaldandosi fa evaporare l’acqua che si separa dal sale. Il

vapore a contatto col vetro si raffredda e ritorna liquido scorrendo, grazie

all’inclinazione, verso una canaletta di raccolta. Così si ottengono preziosi

litri di acqua potabile.

Per rendere il progetto replicabile e comprensibile dalla cultura locale è

stato creato un manuale che attraverso illustrazioni, spiega la metodologia e

la tecnica costruttiva.

Infine è stata messa a punto una strategia per rendere il progetto

economicamente autosufficiente, mettendo a sistema l’università, i

produttori incontrati sul territorio Senegalese e le associazioni sul territorio

italiano e senegalese (Deafal, Sunegal e LVIA), per informarli del prodotto e

collaborare con le realtà imprenditoriali agricole.

Se, per dirla son Steven Johnson,

‘le grandi idee sono create da collisioni di

piccole intuizioni e da scambi tra persone diverse’

, questi ragazzi hanno

creato un ingorgo straordinario, risolvendo con il design un problema e

rendendolo con la comunicazione sostenibile e replicabile da chiunque.

Dal punto di vista educativo – conclude Chiarato – occorre

insegnare ai ragazzi che il design è un approccio scientifico

alla progettazione e va affrontato sulla base di analisi di

scenario, approfondendo le esigenze delle persone. Oggi

si parla infatti di design con le persone o co-design”.

Un esempio dell’approccio promosso dallo Ied è l’iniziativa

ADI “Il design che non c’è”, un concorso promosso dal Co-

mune di Milano e volto a risolvere una porzione di città alla

piccola scala: un dissuasore di traffico, una scala inacces-

sibile, un attraversamento pedonale buio. Ne è derivato un

dialogo virtuoso tra funzionari comunali e giovani, che

hanno portato idee progettuali fresche e aumentato la loro

conoscenza sulla cultura della diversità.

Il ruolo delle istituzioni

Nata dal tavolo di confronto promosso dall’architetto

Stefano Boeri

e da

Lisa Noja

nel corso della campagna

elettorale, la delega alle politiche per l’accessibilità è

volta a favorire le migliori condizioni per far vivere la città

a tutti, anche a chi ha solo difficoltà temporanee.

“Ho vissuto in California, dove la diversità è prevista e

accettata come un fatto consueto – spiega Lisa Noja a

cui da settembre del 2016 è stata assegnata la delega

sull’accessibilità. – Le persone con diverse abilità negli

Stati Uniti partecipano senza difficoltà alla vita della città.

Da questa esperienza internazionale nasce la mia delega in

Comune, che ricopre una funzione trasversale a tutti gli as-

sessorati, perché tutti – turismo, commercio urbanistica,

istruzione – hanno bisogno di confrontarsi con la diversità.

Il lavoro che stiamo facendo prevede una compartecipa-

zione di pubblico e privato, con il coinvolgimento di tanti at-

tori della città, dal mondo delle associazioni alla Camera

di Commercio, e un attento ascolto delle esigenze delle

persone nelle varie fasi della vita. Un primo step sta affron-

tando la diffusione di una conoscenza delle diverse esi-

genze di accessibilità, a partire dai tecnici del Comune,

perché far crescere la città non significa solo progettare nel

rispetto delle normative, ma piuttosto mettere a disposi-

zione di tutti il know-how necessario per guidare la proget-

tazione verso una maggiore vivibilità per gli utenti.

Il lavoro che stiamo svolgendo è volto anche a far com-

prende la grande opportunità per la città rappresentata

dall’accessibilità, anche a livello economico, ma emerge

la necessità di una maggiore conoscenza delle diversità,

per imparare a costruire sulla base di esigenze reali.

La creatività non si sviluppa nella totale libertà, ma nel su-

peramento dei vincoli. Penso che per un designer proget-

tare per persone con disabilità – che di vincoli ne hanno

parecchi – sia una sfida ai massimi livelli. Se poi l’oggetto

funzionale è anche bello, la missione è compiuta”.

Le disabilità legate alla parola

Non poter comunicare è una condizione che rende la vita

difficile alla persona con disabilità e a chi le sta vicino, che