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Officelayout 169
aprile-giugno 2017
È un ufficio dai contorni sfumati quello presentato all’ultima edizione di
Workplace 3.0
, un ufficio che assomiglia sempre
più alla casa per rispondere a stili di lavoro “activity based” e informali. Le
ricadute sul prodotto
sono l’estrema sem-
plificazione e sobrietà delle forme, abbinata a una ricerca sui materiali e sulle cromie. Se infatti da un lato il legno e
le finiture opache soft touch diventano componenti nobili dei nuovi prodotti, dall’altro sono i colori saturi ispirati al paesaggio
naturale a caratterizzarne l’aspetto.
Rispetto agli anni passati
è venuta meno la voglia di stupire con prodotti ‘fuori
dalle righe’, prevale il rigore e a distinguere il prodotto, soprattutto nel top di gamma, è il particolare d’effetto e l’artigianalità
che discende dal saper fare delle aziende italiane. La
scrivania
perde la connotazione di postazione operativa, manageriale
o di riunione, per tornare a essere un semplice tavolo, sia esso un bench in grado di accogliere più persone o il più
classico scrittoio, tornato in auge per arredare l’home-office – reso attuale dalle nuove politiche di smart working – o
per arredare focus room e biblioteche aziendali dove la persona può isolarsi per attività che richiedono concentrazione.
Anche la
seduta da lavoro
perde molti dei suoi tecnicismi a favore di un maggiore appeal estetico, d’altra parte la
crescente mobilità dei lavoratori fuori e dentro l’ufficio, con la conseguente riduzione delle ore in cui si sta seduti alla
postazione, ha portato a cambiare l’approccio ergonomico al prodotto. Le
sedute per spazi comuni e aree break
sono
declinate in collezioni basate su una stretta correlazione tra gli elementi che le compongono, si hanno così sistemi sinergici
di scocche, basi, accessori, materiali e varianti colore, liberamente componibili e coordinabili con flessibilità per interpretare
lo spazio in cui si inseriscono. Prosegue l’ibridazione dell’offerta che affianca ai tradizionali arredi da ufficio elementi
soft
seating
, componibili e in molti casi dotati di schienali alti fonoassorbenti per creare isole del silenzio negli open space o
per arredare aree informali. La
parete mobile
si svincola dall’edificio per creare architetture nell’architettura, ambienti
chiusi di dimensioni limitate che, nelle versioni più evolute, sono resi autonomi dal punto di vista impiantistico in quanto
dotati di illuminazione e sistemi di aerazione propria. Ma più che prodotti le
aziende
hanno voluto comunicare messaggi,
primo fra tutti la capacità di lavorare su progetto con soluzioni su misura che strizzano l’occhio al mondo del contract.
Se a questo percorso ormai segnato si aggiunge il fatto che, pur non mancando i grandi nomi italiani ed esteri,
la manifestazione milanese non è riuscita a rappresentare il settore nel suo complesso, la domanda sorge spontanea:
ha ancora senso tenere distinta la biennale dell’ufficio dal contesto del Salone del Mobile?
In ufficio come a casa
di Paola Cecco
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