officeautomation-settembre 2012 - page 89

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settembre 2012
ventati consulenti per occuparsi ancora delle ap-
plicazioni che hanno sviluppato 20 o 30 anni fa.
Oggi, paradossalmente, sono ancora più indispen-
sabili in quanto costituiscono la memoria storica
di innumerevoli applicazioni core della loro banca
o compagnia di assicurazione.
Ma i giovani? Come mai non sono entrati, se non
in minima parte, in un contesto così importante in
termini di investimenti economici?
Ho ripensato ai colloqui con i giovani neolaureati in
informatica di oltre 20 anni fa e ricordo ancora bene
le difficoltà che incontravo nel proporre posizioni
nel mondo mainframe. I candidati parlavano di in-
telligenza artificiale, di linguaggi evoluti, in sintesi
di tutto ciò che costituiva l’avanguardia tecnolo-
gica nel mondo IT e non riuscivano a credere che
il mondo del lavoro parlasse quasi esclusivamente
in… Cobol. Erano generalmente sicuri che i mainfra-
me fossero una specie in via di rapida estinzione.
Nessun corso universitario prevedeva lo studio del
Cobol, o di tecnologie tipiche dei grandi calcolatori,
era quindi naturale il loro atteggiamento e la loro
visione al termine del percorso di studi.
Questo scetticismo, questa barriera psicologica tra
giovani e mainframe sono certamente rimaste. Anzi,
la maggiore scolarizzazione a livello universitario
ha certamente ampliato il gap. Oggi un neolaureato
in informatica o un neo ingegnere sa a stento cosa
sia un mainframe, figuriamoci se lo può considerare
un settore professionale di suo interesse.
Da un lato quindi sempre più persone avanti con
gli anni presidiano ruoli chiave nella direzione IT
delle aziende che stanno investendo sui grandi si-
stemi, dall’altro i giovani sono sempre più distanti
da questo ambito tecnologico. Sembra una situa-
zione paradossale.
Ma a questo punto la domanda che sorge è un’al-
tra: cosa succederà tra 10 o 15 anni?
Come salvaguardare
un patrimonio informativo strategico
I fornitori di tecnologia offrono soluzioni per auto-
matizzare i processi o per gestire i mainframe tra-
mite interfacce di altre piattaforme, ma non potran-
no sostituire del tutto gli esperti di questi sistemi.
Le grandi società di consulenza stanno organiz-
zando programmi di formazione post scolastici per
disporre di un certo numero di giovani esperti di
mainframe che vadano incontro alle necessità dei
loro clienti. Molte attività continueranno a essere
appaltate in India o altrove.
Ma il patrimonio di know how specifico su migliaia
di applicazioni custom rimane un asset che senza
un graduale ricambio, un adeguato periodo di af-
fiancamento e un’attenta trasmissione della cono-
scenza rischia di perdersi. Il passaggio di compe-
tenze non può avvenire di colpo.
Rimane infine l’alternativa di grandi progetti di mi-
grazione, finora rimandati, su altre tecnologie dove
esiste una competenza allargata anche alle nuove
generazioni.
Le resistenze sono però molto forti: da una parte
i grandi investimenti fatti sul mainframe, dall’altra
i rischi. Molti CIO non hanno una mappa completa
delle applicazioni né la documentazione necessaria
ad affrontare una migrazione senza preoccupazioni.
L’esempio recente di una delle prime banche al
mondo che ha iniziato un progetto di questo ge-
nere e che si è trovata in panne a metà percorso
non costituisce un incentivo a seguire questa via.
Il problema è stato proprio il gran numero di cu-
stomizzazioni accumulatesi una sull’altra nell’arco
degli anni: si toccava una parte e si aveva una ri-
percussione inaspettata su un’altra e così di seguito
come in un cerchio.
In questo scenario, considerando anche i problemi
di occupazione dei giovani, nell’informatica come
in tutti gli altri settori, mi chiedo se non sia utile
orientare le giovani generazioni anche verso il mon-
do mainframe. Introdurre nei programmi di studio
anche questa opzione. Presentare, in conclusio-
ne, ai giovani le tecnologie dei grandi calcolatori
come un settore vivo e sano che potrà costituire
uno sbocco professionale di ampia ricettività per il
loro futuro e, quindi, degno di essere approcciato
con più interesse e motivazione.
Sergio Cantinazzi
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