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zione (non autonomi) sono in grado

semplicemente di eseguire in modo

rigido sequenze prestabilite di opera-

zioni, mentre quelli di seconda gene-

razione hanno la capacità di costruire

un’immagine (modello interno) del

mondo esterno, di perfezionarla con

l’esperienza (machine learning) e quin-

di ottimizzare il funzionamento anche

in presenza di fenomeni di disturbo

non prevedibili a priori.

I robot di terza generazione, invece,

sono dotati di intelligenza artificiale che

li rende autonomi e in grado di com-

portarsi in modo non deterministico.

Il bisogno di sicurezza quando gli uo-

mini devono lavorare insieme ai robot

ha portato alla creazione dei robot

collaborativi conosciuti come ‘cobot’

(COllaborative roBOT).

Arrivano i cobot

I cobot sono tipicamente più snelli e

antropomorfi rispetto ai tradizionali

robot di produzione e sono dotati di

sensori intelligenti e sistemi di visione

in grado di analizzare il mondo esterno

e di evitare le collisioni. L’aspetto dei

cobot è talvolta umanoide e tende a

differenziarsi da quello dei robot tra-

dizionali. Per esempio,Yumi di ABB è

dotato di due braccia, CR-35iA, pro-

dotto da Fanuc, è di colore verde per

distinguerlo dagli altri robot, tutti gialli

ed è dotato di un rivestimento soffice

(soft skin) per ridurre i danni in caso

di ur ti. I cobot Baxter e Sawyer di

Rethink Robotics, invece, si distinguono

per l’aspetto simpaticamente umano.

Un ulteriore beneficio dei robot col-

laborativi è la flessibilità, infatti, con-

trariamente ai robot delle catene di

montaggio, possono essere facilmente

ri-impiegati quando cambiano i pro-

dotti. Questo è molto importante poi-

ché i cicli di produzione sono sempre

più brevi. Inoltre, i moderni sistemi

robotizzati collaborativi comunicano

tra di loro e avvertono gli operatori

umani se ci sono delle anomalie.

I cobot stanno diventando sempre più

performanti, flessibili e intelligenti e

stanno trainando la crescita del mer-

cato dei robot, poiché sono sicuri e

facili da usare, e alcuni modelli iniziano

ad avere prezzi più convenienti grazie

all’utilizzo di componenti dell’elettroni-

ca di consumo, come i microprocessori

ARM, le schede Arduino e Raspberry

Pi e altre tecnologie derivate dai per-

sonal robot. Esempi di questa nuova

generazione sono i robot umanoidi

venduti dall’inglese Enginereed Arts

con prezzi che variano da 11.000 a

65.000 euro, o il robottino Nao robot

prodotto da Aldebaran Robotics che

costa intorno ai 7.000 euro.

Universal Robots, pioniere danese nel

settore dei cobot ha presentato nel

2016 il suo Universal Robots+ conce-

pito per coinvolgere sviluppatori ester-

ni nell’ideazione e creazione di acces-

sori, attuatori o strumenti in grado di

aumentare le capacità della macchina,

come già avviene in altri ambiti open

source come domotica e stampa 3D,

con l’obiettivo di creare una commu-

nity per far fronte allo strapotere dei

grandi produttori e ottimizzare i costi

di ricerca e sviluppo.

Il mercato della robotica

Il mercato globale della robotica (tutte

le applicazioni) è stato di 28,3 miliardi

di dollari nel 2015 ed entro il 2020

raggiungerà 151,7 miliardi di dollari.

A trainare le vendite sarà la sempre

maggiore richiesta di cobot, ma anche

di robot per uso privato, con particola-

re riguardo ai social robot, evoluzione

dei robot personali dotati di un elevato

grado di intelligenza: riconoscono volti,

voci e stati d’animo e si comportano

in modo empatico.

Per decenni, il comparto industriale è

stato il principale ambito di applicazio-

ne della robotica (a livello mondiale,

oltre il 50% dei robot sono impiegati

dai costruttori automobilistici e dalla

loro filiera), ma negli ultimi anni lo svi-

luppo tecnologico e la riduzione dei

costi di produzione hanno permesso

a robot sempre più sofisticati e intelli-

genti di penetrare in molti altri settori

come difesa, chirurgia, intrattenimento,

giardinaggio e pulizie.

Secondo IFR (International Federation

of Robotics), nel quinquennio 2010-

2014 le installazioni di robot industria-

li hanno registrato una crescita del

48%. Nel 2016 sono stati venduti nel

mondo 290.000 robot, di cui 21.000

in Germania e 7.200 in Italia. L’Italia

è il secondo mercato europeo dopo

la Germania. WinterGreen Research

stima che il mercato dei soli robot in-

dustriali raggiungerà i 48,9 miliardi di

dollari entro il 2021, con una cresci-

ta annua dell’11%, soprattutto grazie

ai cobot, capaci di lavorare a fianco

dell’uomo in totale sicurezza. Il primo

mercato è quello asiatico, trainato dal-

la Cina che ha superato il Giappone,

mentre l’Europa è al secondo posto.

In totale sono almeno 4mila le impre-

se che producono robot o apparten-

gono alla filiera di produzione, di cui

oltre 70 in Italia, tra produttori con-

solidati, startup, integratori di sistemi

e società di servizi, raggruppati nella

Associazione Italiana di Robotica e

Automazione (SIRI – www.robosiri.

it). il principale produttore italiano di

robot industriali è Comau, tra i top

ten mondiali del settore.

I costi dei robot industriali variano ti-

picamente dai 25.000 ai 700.000 euro,

in funzione delle dimensioni e delle

applicazioni: la loro convenienza di-

pende dai vantaggi che possono of-

frire rispetto al lavoro umano. Come

succede per la manifattura additiva, un

vantaggio strategico è la possibilità di

riportare la produzione nei Paesi in-

dustrializzati nei casi in cui la somma

dei risparmi relativi alla mano d’opera,

alla minore difettosità dei prodotti, alla

maggiore efficienza della fabbrica e ai

trasporti di materie prime e materiali,

riesce a compensare i costi di acquisto

e gestione dei robot (back-shoring).

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marzo 2017

INDUSTRIA 4.0